Un film sul potere delle connessioni, fuori e, soprattutto, dentro di noi.
Nel sequel di Inside Out si segue il ciclo di vita di Riley che giunge alla pubertà, periodo che viene rappresentato subito come una tempesta emotiva. Agli stati d’animo/personaggi della protagonista bambina del primo capitolo (gioia, tristezza, paura, rabbia e disgusto) se ne aggiungono altri 5: ansia, invidia, imbarazzo, ennui (noia), nostalgia (che farà un paio di apparizioni e a cui si consiglia di ripresentarsi tra 10 anni).
Il tema centrale è proprio quello di un malessere ormai sociale e non solo giovanile: Ansia prende il sopravvento sulla “console esistenziale” della ragazzina e mette persino nell’ombra il senso di sé per crearne uno nuovo, che vuole più adulto e performante. Sotto la spinta di Ansia c’è un’escalation di azioni per rafforzare l’autostima e la voglia di essere accettata dal gruppo, che però rischia di paralizzare Riley sotto il peso delle aspettative (potentissima la scena dell’attacco di panico).
Con la forza di immagini efficaci si riesce a dare un volto alle emozioni, a mostrare come queste vadano accolte, mai giudicate, semmai comprese e trasformate. Inizialmente c’è la tentazione di fare a meno di alcune, relegarle, nasconderle… ma alla fine si vince in gruppo dando ascolto, voce e spazio di azione a tutti i personaggi/emozioni! Si comprende così che siamo un intero, che anche i ricordi cosiddetti negativi – perché dolorosi o apparentemente di sconfitta – ci rendono ciò che siamo: amabili proprio perché autentici e unici con tutte le nostre sfumature.
film d’animazione
Inside Out 2
di Kelsey Mann
Disney Pixar
Usa, 2024