La dottoressa Terri Daniel esplora l’uso di rituali e cerimonie personali creativi per accettare la perdita, gestire forti emozioni e invitare il sacro nel viaggio del dolore. Un suo articolo diventa per noi l’occasione per esplorare una nuova dimensione del Grief Counseling: la creazione di rituali personali come strumento ricco di simbologia e spiritualità per superare il lutto.
Affrontare il lutto è un processo altamente individuale, non vi sono regole specifiche, metodi giusti o metodi sbagliati. A oggi la religiosità sta lasciando sempre più spazio alla spiritualità, questo permette una maggior libertà d’espressione del proprio sentito, tanto che si può tentare un avvicinamento tra immanenza e trascendenza.
Questi strumenti possono aiutare coloro che si occupano di relazioni di aiuto, e quindi anche i counselor, a incorporare la spiritualità e le modalità multiculturali in una pratica di supporto al dolore, se utilizzati in modo efficace. L’uso di rituali e cerimonie può anche aiutare i professionisti del fine vita e del lutto a diventare più presenti per i morenti e più competenti nella creazione di significato spirituale per la persona in lutto.
L’umanità fin dai suoi albori ha sempre temuto la morte, ha sempre cercato di darle una spiegazione, di lenire il dolore che questa portava, finanche d’ingraziarsela per sfuggirvi. Tutto ciò ha condotto alla nascita di pratiche rituali che sono mutate nel tempo, sviluppandosi e arricchendosi di pari passo con l’essere umano.
Nel corso dei millenni, i rituali attorno alla morte hanno continuato a evolversi e ad assumere nuovi significati, diventando una parte essenziale della cultura e della religione in tutte le società umane.
Le manifestazioni culturali legate al rito funebre si diversificano largamente da una società all’altra, riflettono le tradizioni, le credenze e i valori specifici di ogni cultura. Le rappresentazioni rituali comprendono pratiche, cerimonie, simboli, credenze, che cambiano a seconda del luogo e della cultura.
Le pratiche rituali si ritrovano in ogni civiltà, da quelle più antiche alle più moderne: l’uomo non si può liberare della morte, deve imparare a conviverci, poiché, paradossalmente, è l’unica certezza che ha nella vita. I rituali, quindi, cercano di dare un senso alla transizione da vita a morte, sia per chi resta, sia per chi se ne va, ma anche di dimostrare prestigio e rispetto al defunto, oltre che di allontanare, in qualche modo, la morte dai vivi, vedendola portare via qualcuno che amano. È fondamentale sottolineare come i rituali funebri si ritrovino non solo in ogni civiltà, ma anche in ogni tempo.
Le prime testimonianze che abbiamo di rituali funebri risalgono alla preistoria, quando l’uomo doveva ancora apprendere molte cose. Si può quindi affermare che, fin dai primordi della sua esistenza, l’uomo si è trovato a volersi confrontare con la morte.
Man mano che si sono sviluppate le civiltà, i riti funebri sono diventati sempre più complessi e sofisticati.
In alcune culture vi sono i riti di guarigione o di purificazione che servono ai parenti e agli amici per superare il lutto, per guarire e riprendere la propria vita normale. Questi riti possono includere la partecipazione a cerimonie religiose o spirituali, la consultazione di guaritori o sacerdoti, e pratiche di meditazione o riflessione.
Il rito della morte, quindi, serve ai vivi per elaborare il lutto, e solitamente sono necessari alcuni passaggi:
• comunicazione della notizia alla comunità, sia alla più vicina, ovvero parenti e amici, sia a quella più ampia.
• rituali d’addio, che hanno lo scopo di onorare il defunto e condividere catarticamente il dolore con gli altri. In tutto questo, il sostegno emotivo tra i congiunti, o anche tra semplici conoscenti, è fondamentale. In molte culture si utilizza il cibo quale “cura” e sostegno: chi conosceva il defunto si stringe attorno alla famiglia portando vettovaglie ai congiunti.
• ricordare il defunto: la condivisione dei ricordi lo tiene vicino ancora qualche attimo rendendo il distacco meno traumatico. Chi resta deve compiere il suo percorso di elaborazione del lutto e i rituali funebri, in tutto questo, hanno un valore precipuo.
Vi sono poi i rituali dedicati al morente, ovvero preposti per il soggetto che è cosciente di essere a fine vita e deve prepararsi ad affrontare il passaggio.
Per quanto la coscienza della nostra mortalità ci accompagni per tutta la vita, quando il momento della morte si avvicina, che sia per malattia o per anzianità, è davvero difficile accostarvisi senza timori, accettando di buon grado il ciclo naturale della vita e della morte.
Anche in questo caso il rituale in sé, nelle sue dinamiche, è correlato alla credenza, e vi possono essere molte differenze. Lo scopo, però, rimane lo stesso in ogni parte del mondo, ovvero fornire un conforto spirituale, promuovere la riflessione sulla propria esistenza e preparare la persona al passaggio nell’aldilà.
Come detto, molti sono i riti per la preparazione alla morte. Può essere utile il dialogo sulla morte, ovvero riflettere, tramite una concezione spirituale, sulla natura transitoria dell’uomo, sulla propria mortalità. Arrivare alla piena accettazione della naturalità della morte porta serenità al soggetto, che accetta l’inevitabile conclusione della sua vita poiché fa parte della vita stessa.
La “visione teologica”, che per alcuni può risultare obsoleta e coercitiva, non poteva accettare il modello naturale per la sua dipendenza dal sovrannaturale. La “visione spirituale”, invece, ha come peculiarità propria la libertà, potendo in tal modo esprimersi attraverso una visione olistica, ecologica e naturale.
Si possono esplorare nuove vie che portino alla creazione di riti personali. Nel rito ogni cosa diviene simbolica: lo spazio, il tempo, gli oggetti, le parole, le azioni, il corpo, addirittura risulta simbolico il legame e le interazioni tra ognuna di queste cose. Il rito, fondamentalmente, è un’azione simbolica, e ovviamente, in quanto tale, non crea, ma può dare un senso, e la sua accezione di azione lo lega strettamente al divenire delle cose. Quindi prese nella loro globalità, le azioni simboliche aprono al mondo inteso come divenire; non tanto, quindi, all’essere, quanto al poter-essere del mondo.
Se vi era stata una tendenza a svalutare l’importanza dei riti funebri, la loro mancanza durante la pandemia ha risvegliato nella coscienza collettiva tutta la loro importanza.
«I riti appositamente creati in occasione di un lutto avvenuto o imminente possono offrire:
• l’Acting out, ovvero l’utilizzo di oggetti simbolici rappresentativi per il cliente, ma anche movimenti del corpo, musica, canzoni, colloqui e altre espressioni fisiche di emozioni, per creare un sistema di scarico per sentimenti forti. Sarebbe molto negativa la soppressione di sentimenti, emozioni, positive o negative che siano, mentre risulta fondamentale trovare la via più adeguata al cliente per una condivisione delle emozioni e del sentito più profondo.
• la legittimazione della risposta emotiva e fisica, attraverso una qualsivoglia cerimonia che deve però essere pianificata e organizzata, può essere privata o condivisa con altri, rivelandosi utile per “santificare” e rendere più concrete le risposte emotive.
• la fornitura di simboli e sbocchi per focalizzare pensieri, sentimenti e comportamenti attraverso oggetti simbolici, gesti e linguaggio che hanno il potere di assegnare una forma fisica e tangibile a sentimenti ed emozioni che diversamente resterebbero astratti, esoterici, incomprensibili. Si tratta di gesti simbolici verso un oggetto, che acquisiscono significanti importanti, come ad esempio soffiare il proprio dolore e la propria paura in una pietra, “trasferendovi” tutte le emozioni negative. Questa pietra deve essere poi eliminata in modo altrettanto simbolico, come gettandola in un fiume, o seppellendola in un luogo importante per il cliente. In tal modo, con lei, potranno andarsene tutte le sensazioni negative lasciando spazio a emozioni positive e rasserenanti […]
Non ci sono regole per come dovrebbe essere un rituale o una cerimonia personale, ma nel mio lavoro di cerimoniale degli ultimi dieci anni ho individuato queste utili linee guida:
• I rituali contengono una componente mistica o metafisica, come il riconoscimento dell’energia spirituale, dei piani superiori di coscienza, della presenza divina o di altre forze invisibili. Ciò può comportare l’invio di un messaggio allo spirito di una persona cara deceduta o la richiesta a Dio, agli spiriti guida, agli antenati o agli angeli, di aiutarci a guarire.
• I rituali possono essere eseguiti da soli o in comunità. Non è necessaria alcuna struttura istituzionale.
• I rituali sono concepiti per spostare l’energia da una condizione all’altra. Un rituale che coinvolge il respiro, la danza o il movimento può liberare il corpo dal dolore emotivo. Un rituale, per esempio, in cui il cliente disegna un’immagine che raffigura un evento traumatico e poi la brucia in un fuoco cerimoniale, aiuta a liberare gli attaccamenti distruttivi o ossessivi legati a quell’immagine.
• I rituali lavorano con rappresentazioni simboliche di emozioni ed esperienze. Questi simboli possono includere disegni, oggetti sacri personali o oggetti della natura, come pietre o piume. Spostare o manipolare questi oggetti in modo rituale (bruciandoli nel fuoco, seppellendoli nella terra, purificandoli con l’acqua ecc.), simboleggia lo spostamento del dolore dal luogo in cui è ‘bloccato’ a una nuova posizione nello spazio spirituale, dove può essere trasmutato» traduzione dall’articolo originale di Terri Daniel.
Nei riti utili per superare un lutto non è importante né la forma né tantomeno l’affiliazione religiosa o il significato comune. L’unica cosa importante è il significato personale che viene dato a tali riti: anche un gesto per i più privo di significato, per altri può essere immenso e fondamentale.
Tutto questo discorso può essere riportato anche al soggetto che si trova a dover affrontare la propria morte. Questa condizione rappresenta l’apoteosi del lutto, perché è il lutto per se stessi.
Solitamente, chi sa che la sua vita sta per finire si avvicina alla religione o comunque alla spiritualità, ma nelle mutevoli dinamiche sociali, culturali e contemporanee, emergono nuovi riti di preparazione alla morte che rispecchiano le sfide e le prospettive uniche dei tempi moderni. Questi riti, oltre a offrire un modo per affrontare la morte con accettazione e serenità, riflettono anche l’importanza di connessione, autenticità e significato nella vita e nella morte.
Il rituale è un linguaggio che articoliamo per parlare con l’invisibile. Approfondirne la sperimentazione personale, per poi utilizzarlo nella pratica di counselor, quando lo riteniamo utile, può essere l’integrazione di uno strumento davvero molto decisivo.
Bibliografia
• Ariès P., Storia della morte in occidente, Rizzoli 2013
• Bonaccorso G., Rito, edizioni Messaggero, Padova 2015
• Daniel T., Adding a New Dimension to Grief Counseling: Creative Personal Ritual as a Therapeutic Tool for Loss, Trauma and Transition. «OMEGA – Journal of Death and Dying»
• Lameri A., Il rito delle esequie celebrare e vivere il mistero della morte, Il Messaggero, Padova 2013
• Terrin A.N., Presentazione, in Rappaport Rito e religione nella costruzione dell’umanità, edizioni Messaggero, Padova 2002
• Testoni I., Il grande libro della morte. Miti e riti dalla preistoria ai cyborg, Il Saggiatore, Milano 2021
• https://www.questionecivile.it/2021/11/19/i-riti-elaborazione-memoria-loro-importanza/