Numero 2/2024 Vita da counselor

5 domande a Fabio Artigiani

Intervista di Alessandra Vannoni

5 domande a Fabio Artigiani

Perché hai scelto di diventare counselor?
È stato quando mi ruppi un braccio che decisi di fare esperienza di me stesso un po’ più da vicino. Nel lontano 2005, durante una partita di calcetto non prevista, nel tentativo di arpionare una palla alta cascai rovinosamente, dovendo trasportarmi di lì a breve al pronto soccorso cittadino. Nella sala d’attesa, proprio davanti ai miei occhi, un volantino recitava bel bello: “Corso triennale di counseling ad approccio integrato e promozione della salute” come una sirena che attira a sé menti inconsapevolmente fameliche di conoscenza interiore e apertura all’alterità. Si dava il caso che poco tempo addietro fossi stato sedotto da un libro proprio sul counseling (M. Hough, Abilità di Counseling. Manuale per la prima formazione, Edizioni Erickson, Trento 1999), che acquistai come illuminato su cosa avrei voluto in termini teorici fare nella vita: il counselor! A quel punto avevo solo da “prendere la palla al balzo”, per la seconda volta: la prima letteralmente e rovinosamente, la seconda figurativamente e decisamente con risultati più proficui, di lì a breve.

Qual è stata l’esperienza più impegnativa che hai affrontato e quale ricordi come più gratificante?
Ho avuto un duro battesimo del fuoco. Come tirocinante presso U.O. Malattie infettive dell’Ospedale di Livorno iniziai un percorso con un paziente affetto da Aids, marinaio macchinista, siciliano. Dopo un paio d’incontri ci accordammo per tenere una sorta di “diario di bordo” di questa esperienza, che raccontasse la “traversata nel mare in tempesta” della sua malattia e di come la stava affrontando. Le sue erano parole semplici, incerte, di un’autenticità disarmante: era riuscito a tirar fuori in scrittura le paure che a voce faceva fatica a proferire, a mettere da parte anche un po’ il machismo stereotipato da uomo dei mari del sud. Al quinto incontro lo aspettai nella saletta che ci riservavano, ma non lo vidi arrivare. Salii in reparto nella sua camera e trovai un lenzuolo bianco, rifatto da poco, candido come un vuoto. Non fu semplice, ero un counselor acerbo: questa esperienza permise di dare al mio inizio una solidità improvvisa.
Confesso, però, che faccio fatica a individuare un percorso che sia stato più impegnativo di altri o più gratificante: tendo a dimenticare le emozioni legate a questi aspetti. Mi rimangono più facilmente impressi i saluti finali, quando dentro di te devi iniziare a lavorare sul distacco da una persona che ti sta a cuore, di cui con tutta probabilità non saprai più nulla. Questo mi ha insegnato anche a godere della bellezza di un addio, della sua parte luminosa, della considerazione e consapevolezza di aver avuto un ruolo di aiuto nella vita di quella persona che scivola via dalla tua porta, che avrai un luogo nella sua memoria (così come chi ci ha aiutato lo ha nella nostra). Considerazione, questa, che fa parte del puzzle della mia dotazione di senso.

Il setting più particolare in cui hai lavorato o vorresti lavorare?
I primi tempi lavoravo davvero in qualunque posto, cogliendo ogni occasione possibile. Ho fatto counseling negli spogliatoi di una squadra di calcio, sotto gli alberi del giardino di un’associazione, in un negozio chiuso, nella sala burraco di un circolo tennistico, in auto, sugli scogli… ho un po’ nostalgia di quei tempi pionieristici e impervi, ma estremamente formativi. Oggi ho il mio studio, la mia zona di comfort in cui mi sento protetto (e dove mi riesce meglio proteggere), che ho creato da una stanza vuota improvvisandomi, con l’aiuto di mia moglie, cartongessista, idraulico, elettricista, muratore, pavimentista, interior designer… mi rappresenta in tutto: ho scelto elementi di decoro (quadri, soprammobili, oggetti) che mi risuonano, mi ricordano, mi ispirano.
Mi piacerebbe lavorare almeno una volta in una yurta: vorrei sentire come “rimbalzano” le energie dentro un contesto architettonico a forma circolare, osservare le “traiettorie”, necessariamente diverse rispetto a una forma rettangolare.

Qual è il tuo “tocco” personale?
Seguo tantissimo l’istinto. Un istinto frutto di stratificazioni di lavori personali, di un allenamento costante alla visione sistemica, ai link tra emozioni, vissuti, parole, cenni, sguardi.
È come se avessi in mente la lavagna di sughero protagonista di tante serie tv crime, usata dall’ispettore per appuntare i vari elementi del caso da risolvere e unirli visivamente con dei fili di vari colori. Ovviamente nella pratica del counseling non si tratta di investigare: la metafora vuole spiegare come a volte capiti che il filo “giusto” (o meglio, uno dei fili giusti) si materializzi grazie all’intuito, una via diretta improvvisa ma per niente improvvisata, che porta la diade counselor/cliente allo sbroglio della matassa.
Mi interrogo spesso sui limiti dell’uso dell’istinto, li porto in supervisione, li dichiaro. Questo mi permette di farne uno strumento sempre nuovo, tendenzialmente sicuro, di maneggiarlo con cura, cogliendone anche l’aspetto critico, di rischio, da un certo punto di vista anche egoico.

Che cosa ti sta insegnando questa professione?
A saper essere, ogni giorno, a custodire tesori, a brandire compassione (cum pathos, sentire con), a togliermi di dosso (faticosamente) le polveri dell’ego, a svuotare la scatola della mia spiritualità attraverso l’incessante lavorio del confronto e dell’attesa, in un movimento che aspira così a contribuire al senso. Questa professione mi sta anche insegnando ad addestrare le mie aspettative, a dare valore alle relazioni gratuite, a cogliere la bellezza, e, in definitiva, a vivere più pienamente la mia vita.


Fabio Artigiani
Counselor ad approccio integrato, educatore, dottore in psicologia del lavoro e delle organizzazioni, formatore in pedagogia digitale, coordinatore territoriale AssoCounseling per la Toscana. Conduce da anni laboratori di scrittura autobiografica, si occupa di formazione in contesti educativi e sanitari, di supporto ai professionisti della relazione di aiuto, di formazione aziendale. Usa spesso e volentieri i fondamenti della mindfulness e dell’eco-counseling. Ha organizzato numerosi eventi e convegni su temi legati al counseling.

Alessandra Vannoni

Iscritta all’Ordine dei Giornalisti della Toscana dal 1996 come pubblicista. Esperienza ventennale in redazioni di carta stampata ed emittenti radiofoniche regionali e nazionali come redattore e speaker. Docente nel corso triennale di counseling presso CSCP Centro Scuole Counseling e Psicoterapia di Firenze. Vicepresidente dell’Associazione Perinsieme, dove svolge attività di counseling individuale e sportivo. Ha collaborato a un progetto di “crescita nello sport” presso società calcistiche dilettantistiche. Volontaria per diversi anni in Hospice del capoluogo toscano. Esercita la professione di counseling in studi medici portando il suo supporto ad altri professionisti. Socia di AssoCounseling. Ad oggi si impegna a fare conoscere il counseling rispettando il codice etico di questa professione.

linguaggio disobbediente

Come tutte le norme, anche quelle linguistiche sono un artefatto politico, sociale, culturale. Quella del maschile sovraesteso è una regola linguistica che di recente l’Accademia della Crusca ha definito come non discriminante. Di fronte alle norme ci sono sempre due possibilità: obbedire o disobbedire. Questo articolo vuole essere un atto intenzionale di disobbedienza grammaticale che intende ribadire – proprio con le parole – la forza dirompente del linguaggio. Come tutte le dis-obbedienze, è dis-turbante e dis-ordinante, anche percettivamente per chi legge; eppure: considerate che ogni qualvolta la piccola "ə" genera un senso di fastidio, la forma di straniamento è analoga a quella vissuta da chi appartiene a una minoranza a cui una maggioranza – sociale, politica, linguistica e sessuale – impone, nel nome della regola, dell’estetica o della leggibilità, l’adeguamento come normale. E come l’obbedienza a un ordine continui ad essere una virtù.


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Jhumpa Lahiri

Jhumpa Lahiri è una scrittrice di fama mondiale, nota per le sue opere sull'esperienza degli immigrati, in particolare degli indiani orientali. Ha vinto il Premio Pulitzer per la narrativa con la sua prima raccolta di racconti, 'Interpreter of Maladies'. Nel suo libro bilingue 'In Other Words', originariamente scritto in italiano, Lahiri esplora il travagliato processo che ha affrontato per esprimersi in una nuova lingua.


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code-switching

Il code-switching, o commutazione di codice, è il passare fluidamente da una lingua a un’altra all’interno del discorso di uno stesso parlante. Può riflettere la volontà di esprimere un'identità culturale, di adattarsi a un gruppo sociale specifico, o semplicemente di utilizzare la lingua percepita più adatta per esprimere un particolare concetto o emozione.


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Counseling scolastico in Corea del Sud

Fonte: Sang Min Lee – Eunjoo Yang, “Counseling in South Korea”, in Counseling Around the World, a cura di Thomas Hohenshil, Norman Amundson, Spencer Niles, American Counseling Association, Alexandria VA (USA), 2013.


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L’esperienza del counseling in Turchia

Fonte: Fidan Korkut Owen and Oya Yerin Güneri, “Counseling in Turkey”, in Counseling Around the World, a cura di Thomas Hohenshil, Norman Amundson, Spencer Niles, American Counseling Association, Alexandria VA (USA), 2013.


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Pietra di inciampo


Stolpersteinen, in tedesco, pietre d’inciampo; ideate negli Anni 90 dall'artista tedesco Gunter Demnig per innestare, nel tessuto urbanistico e sociale delle città europee, una memoria diffusa dei cittadini deportati nei campi di sterminio.

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Comitato scientifico di AssoCounseling


Svolge varie funzioni di supporto e stimolo all’attività di ricerca, studio ed elaborazione dell’identità professionale.

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Il team


Nella quarta edizione appena conclusa Laura Torretta ha ricoperto il ruolo di referente nel direttivo e di project manager, affiancata dalla process owner Aidp Lombardia Daniela Tronconi. È in partenza la quinta edizione, con un passaggio di consegne al nuovo direttivo, in cui la nuova referente dell’iniziativa sarà Rossella Cardinale e la nuova project manager Elisabetta Maiocchi.

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Ringraziamento ai supervisori


Si ringraziano in particolare Pierpaolo Dutto, Manuela Giago, Silvia Ronzani, referenti per le tre scuole.

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Questionario di fine percorso


Per chi volesse avere evidenza del questionario somministrato a fine percorso ecco le domande proposte:

  • Avevi già effettuato un percorso di counseling?
  • Relativamente all’esperienza di counseling quale è il livello di gradimento complessivo?
  • Ti sei sentito/a accolto/a, ascoltato/a e compreso/a dal counselor? Sì? Come? No? Come?
  • Quali tema e bisogno sono stati al centro del tuo percorso?
  • Se dovessi dare un valore al tuo benessere all’inizio: da 1 a 10?
  • Descrivi, con una o più parole, l'emozione che provavi all'inizio del primo incontro.
  • Quali pensieri ricorrenti, schemi limitanti, credenze e convinzioni sono emerse e hai trasformato?
  • Quali nuove consapevolezze hai sviluppato?
  • Quali risorse hai organizzato e mobilitato al servizio della tua crescita?
  • Descrivi, con una o più parole, l'emozione che provi ora, al termine del tuo percorso.
  • Quali azioni nuove scegli ora più coerenti con il tuo obiettivo?
  • Regista e protagonista di una nuova narrazione: descrivi la tua esperienza di cambiamento e maggiore benessere
  • Se dovessi dare un valore al tuo benessere alla fine del percorso: da 1 a 10?
  • Raccomanderesti questa esperienza ad altri? Sì? Per quale motivo? No? Per quale motivo?

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Definizione di sessualità


"La sessualità è un concetto esteso […]. È una parte naturale dello sviluppo umano in ogni fase della vita e include componenti fisiche, psicologiche e sociali […]. La sessualità è un aspetto centrale dell’essere umano lungo tutto l’arco della vita e comprende il sesso, l’identità e i ruoli di genere, l’orientamento sessuale, l’erotismo, il piacere, l’intimità e la riproduzione. La sessualità viene sperimentata ed espressa in pensieri, fantasie, desideri, convinzioni, atteggiamenti, valori, comportamenti, pratiche, ruoli e relazioni. Sebbene la sessualità possa includere tutte queste dimensioni, non tutte sono sempre esperite ed espresse. La sessualità è interessata dall’interazione di fattori biologici, psicologici, sociali, economici, politici, etici, giuridici, storici, religiosi e spirituali.”

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Diritto alla sessualità


"Tutti gli esseri umani hanno la facoltà di vivere la propria sessualità in maniera appagante, libera da coercizioni, discriminazioni o violenza. I diritti sessuali si basano sui principi fondamentali dei diritti umani internazionalmente definiti, sono parte integrante delle convenzioni dell’ONU che hanno carattere vincolante.”

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Origine della sessuologia scientifica


Lo studio della sessuologia scientifica è un ambito di ricerca recentissimo che risale alla metà del 1900. Fa capo gli studi rivoluzionari di Masters e Jonson, i primi ad interessarsi scientificamente la sessualità cercando di superare la teoria e la clinica freudiana che intendeva i disturbi sessuali espressione di uno sviluppo psicosessuale problematico.

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dall'articolo 10


Il diritto all’istruzione e il diritto ad una educazione sessuale approfondita ed esauriente: “Ogni individuo ha il diritto all’istruzione ed il diritto ad una educazione sessuale completa. L’educazione sessuale deve essere appropriata all’età, scientificamente accurata, culturalmente adeguata e basata sui diritti umani, sull’uguaglianza di genere e su un approccio positivo alla sessualità.”

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riferimento bibliografico esteso


Tutu, D. (2004), God has a dream. A vision of hope for our time, Doubleday, NY.

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riferimento bibliografico esteso


Mokgoro, Y. (1998), Ubuntu and the law in South Africa. Buffalo Human Rights Law Review, 15, 1–6.

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