Eccoci arrivati all’ultima della tre giorni di IAC Conference di Napoli, dove termina anche il reportage della redazione, che entusiasticamente si è messa a disposizione per fornire un assaggio di quello che è stato e ha significato questo congresso per il mondo del counseling. I sommari delle giornate precedenti possono essere scaricati cliccando qui (per la prima) e qui (per la seconda), mentre da qui si può accedere all’intero programma. Buona lettura, sempre in attesa del nuovo numero di Evoluzioni, che conterrà succose interviste e approfondimenti.
LA COESIONE DEL COUNSELING IN EUROPA
Dione Mifsud, International Association for Counselling (IAC), da 34 anni nel mondo del counseling, ha parlato del futuro del counseling in Europa, che non è un continente omogeneo. È stata sì la culla della bellezza e dell’arte, ma vi si sono consumati anche guerre e genocidi. Dà molta importanza all’aspetto pratico, e ha ricordato come il nostro lavoro sia incentrato sull’ascolto delle persone, a partire da un suo racconto di esperienza personale. Un percorso nel quale, dall’accettazione della vita e dei suoi eventi come normali, sono state cercate risposte e intrapresi comportamenti di significato. Questo è il senso del counseling, la cui storia ci insegna come nei secoli sia rimasto fondamentale il rapporto intimo fra due persone, laddove c’è una crisi – o un’illuminazione – che richieda di fermarsi e riflettere. Allora, qual è lo scopo di creare una figura di counselor europeo? È un sogno iniziato nel 1966, la cui prima fase ha curato la rappresentanza regionale, per poi concentrarsi ad azioni comuni verso standard e riconoscimento. Perché il counselor deve essere “virtuoso”, e allora quali possono essere le sue “virtù” – o caratteristiche – accettate e riconosciute? L’empatia, la compassione, la virtù stessa, come equilibrio fra le intenzioni e le azioni. Bisogna tornare al senso di appartenenza, e ad avere una fiducia etica anche a livello europeo. Le differenze culturali rimangono, ma il riconoscimento giuridico è l’obiettivo della nostra IAC, per arrivare a definizione di competenze e standard minimi, a un’armonizzazione della formazione, delle qualifiche e certificazioni.
Per gestire al meglio questo momento di transizione, è stato creato un comitato ad hoc che lavora incessantemente. Ogni membro rappresenta il proprio paese e porta ricchezza, questo è lo spirito. Sono molte le attività che svolgiamo, e in varie forme. L’incontro con Roberta Metsola – e il suo saluto iniziale – è stato importante per la prosecuzione del cammino verso la conferma della fiducia nei confronti del counseling.
Seguono gli interventi dei rappresentanti dei vari gruppi dell’organizzazione. Tommaso Valleri del Gruppo Governance sottolinea come, nonostante le varie prospettive non siano allineate, questo aspetto abbia permesso di entrare in contatto con tutte le realtà. In Italia, inoltre, il percorso verso un riconoscimento europeo è molto importante, nel rispetto delle differenze culturali di ognuno. Rosa De Calzada, del Gruppo Standard, parla di un lavoro iniziato più di un anno fa, dove vengono avanzate proposte sugli standard minimi di formazione nel counseling. Dalla raccolta dei dati – molto diversi fra loro – a una proposta univoca e il meno impattante possibile, che si sostanzia in una laurea di primo livello e un certo numero di ore di formazione, supervisione, studio, ecc., con una sanatoria prevista per chi ha altro tipo di formazione precedentemente acquisita. Maud Muscat, del Gruppo Advocacy, evidenzia come sia stato creato un drive condiviso ed accessibile a tutti, dove sono raccolte letteratura e normativa internazionale. Sono stati creati inoltre contatti utili e interessanti, con l’obiettivo del riconoscimento e rafforzamento della professione nei vari paesi. Il gruppo si occupa anche di privacy, e di collaborazioni con la Oms. Torna a parlare Dione Misfud, come rappresentante del Gruppo Political, affermando come non dovrebbe esistere un gruppo “politico”, ma il senso è che in Europa dobbiamo difenderci, e lottare per andare verso un riconoscimento. Il percorso è aperto anche ai paesi che non fanno parte della UE. Le elezioni per il rinnovo dell’Unione si sono appena tenute, quindi ci sono almeno cinque anni per farci sentire, con petizioni da inviare ai commissari, per produrre approfondimenti, ecc. La legge potrebbe essere approvata dal Consiglio in questa stessa legislatura, e quindi dai vari paesi aderenti.
LA LIBERTÀ NELL’EMANCIPAZIONE
Samuele Pigoni ha approfondito il tema “Restituire potere: il counseling come pratica di empowerment individuale e sociale delle persone con disabilità”. È un counselor, e dirige una Fondazione che si occupa di transizione dei ragazzi e ragazze disabili all’età adulta. Ha trovato risonanza fra il counseling e le pratiche emancipative delle persone con disabilità, pratiche entrambe orientate all’empowerment. Martha Nussbaum ha coniato il Capability Approach, un metodo basato sulla possibilità dell’individuo di vivere una vita degna, a partire dal concetto di “capacitazione”. Il set di capacità e diritti – almeno in Italia – non è pienamente riconosciuto per le persone disabili. Ci sono miriadi di norme, ma il nesso fra disabilità e povertà è molto marcato, e sono ancora critici i temi della famiglia, della sessualità, della casa (accessibilità), ecc. Empowerment come restituzione di voce, anche assumendosi dei rischi. Il relatore ha fatto un excursus del significato di questa parola nelle varie lingue, fino ad arrivare all’emancipatio latino, dove la stessa prende la forma di “libertà di” e “libertà da”. E non pensiamo solo all’empowerment individuale, ma anche a quello sociale; molti, infatti, i movimenti a sostegno della disabilità, a rifarsi da quelli degli anni ’60, che hanno iniziato a studiare il concetto di disabilità sotto l’aspetto culturale e sociale. Possiamo avere caratteristiche che ci allontanano dal modello di un corpo, e si è passati da una definizione di “menomazione” a quella di “disabilità”. La convenzione Onu dei diritti delle persone con disabilità è frutto di conquiste dei movimenti, e conferisce loro pieno riconoscimento, introducendo il termine “funzionalità”, come spazio di espressione delle proprie capacità nelle varie aree di vita. Non è possibile lavorare con persone con disabilità senza rivolgersi al contesto, per la rimozione di barriere ovunque si presentino, ed è un ambito che sembra proprio del counseling, inteso come campo di azione che riconosce e restituisce potere attraverso la relazione. Ma occorre metterle al centro anche a livello decisionale, e come counselor possiamo portare nuovi modi di stare con le persone, allargando lo sguardo al contesto.
IL POTERE NEL RESPIRO
Lina Kashyap e Swapnalekha Basak in “Using Indian Knowledge System for Effective Counselling Practice”. La prima è un ingegnere gestionale e educatrice del lavoro sociale in pensione. Negli ultimi anni ha studiato il sistema di conoscenze indiane. Si è avvicinata al counseling all’Università di Oxford, ed è approdata ad un approccio olistico del quale il mondo può avere bisogno. Gli individui sono differenti (propone un esercizio), ma il principio universale è unico. C’è uno schema, e il respiro è la connessione fra corpo e mente. Se vogliamo cambiare il corpo e la mente lavoriamo sul respiro. La coscienza è testimone di tutto quello che succede nel corpo, nella mente e nel respiro. Quando il corpo e la mente sono allineati con la nostra coscienza si è nella condizione di Yoga. Questo range dà un continuum per il nostro lavoro sull’energia; ogni metodo ha un nome. I 5 elementi che costituiscono l’universo sono terra, acqua, fuoco, aria e spazio. Ci sono 7 tipi di combinazioni possibili, per 3 tipologie di soggetti: Kapha, Pitta e Vata, che possono anche contaminarsi. Il contesto e i suoi fenomeni incidono sul nostro equilibrio, che sarebbe importante mantenere sempre. La nostra mente è composta da 4 diverse parti: sensoriale, decisionale, magazzino delle esperienze e individualità. Ognuna contamina e compensa le altre. C’è un modello di riferimento, l’AVAV Model. La scelta del cibo dipende dal tipo corporeo (6 gusti diversi: piccante, dolce, ecc), ed anche il movimento, che, come la routine, deve adattarsi ad ognuno di noi. Namasté! ovvero “Rispetto la scintilla di divino che è in te”.