In questa intervista la dottoressa Sara Bertelli, responsabile dell’ambulatorio Dca (Disturbi del comportamento alimentare) dell’ospedale Asst Santi Paolo e Carlo di Milano, ci racconta il progetto di informazione e prevenzione dei disturbi del comportamento alimentare dal titolo “Alimentazione in un corpo che cambia” volto a fare cultura sul tema nelle scuole superiori del territorio milanese, con l’obiettivo di segnalare, quando si sono individuati i segni di un disturbo alimentare, quali sono le figure professionali a cui ci si può rivolgere per chiedere aiuto e quali sono le diverse possibilità di presa in carico sul territorio.
Condurre un’alimentazione corretta è importante per vivere bene e avere una buona qualità di vita. Mangiare sano non influenza solo la forma fisica e la salute psichica, ma è un fattore fondamentale per lo sviluppo, il rendimento, il benessere e la produttività di una persona. La prevenzione dei disturbi alimentari comincia a tavola e prosegue con un’adeguata attività di informazione specifica sui disordini e i disturbi alimentari, volta a identificare come si presentano e come si riconoscono fin dai primi segnali. La diagnosi precoce, quando il problema è ancora ai primi stadi, è un fattore prognostico positivo per le patologie gravi, legate a condotte alimentari che rischiano di diventare croniche.
Dottoressa quali sono le fasce di popolazione maggiormente interessate al disturbo dell’alimentazione?
Questo disturbo non ha fasce di età. Si può dire che la più vulnerabile sia quella dell’adolescenza, perché ovviamente porta con sé una componente emotiva molto importante. L’adolescenza è un’età di forti cambiamenti emotivi e psicologici: l’individuo inizia a perdere le caratteristiche di bambino e si trasforma in un adulto, affrontando un processo di trasformazione identitaria che verte prevalentemente sul corpo. Gli adolescenti tendono a gestire la loro crescita controllando diversi aspetti del loro corpo dunque anche l’alimentazione e, durante il lento e faticoso processo di riconoscimento di sé nel corpo che cambia, possono insorgere problemi restrittivi come l’anoressia (il più noto) oppure problematiche legate alla componente emotiva e di sfogo personale, in cui il cibo potrebbe assumere il ruolo di catalizzatore di crolli emotivi, conseguenti alle incessanti pressioni da parte del contesto. Il problema dell’alimentazione, però, può riguardare anche il mondo degli adulti.
Come si riconoscono i segnali di un potenziale disturbo alimentare?
Il segnale principale è costituito da un cambiamento di comportamento con l’alimentazione, osservabile dall’esterno. Si mangia di meno, si mangia da soli, si saltano i pasti oppure si mangia tantissimo, non si esce a cena con gli amici. Tutti quelli appena citati sono segnali indiretti, ma fondamentali.
Quanto è importante l’ascolto nei vostri interventi?
L’ascolto è importantissimo, è lo strumento primario della relazione con l’altro. Il riuscire a entrare in contatto con ciò che l’individuo riesce a esprimere, a parole o con il silenzio, ci permette di lavorare e comprendere il messaggio che la persona vuole trasmettere.
Quali figure professionali collaborano nella sua equipe?
Sono diverse le figure che collaborano. Il disturbo dell’alimentazione ha una componente emotiva, quindi è importante una figura che sappia entrare in contatto con queste dimensioni ed è un lavoro psicologico; dopodiché tale disagio può avere un impatto molto forte per quanto riguarda il corpo e la figura del medico permette di offrire valide soluzioni; nei casi più patologici è necessario poi l’intervento anche di uno psichiatra.
Infine, collaborano tutte quelle figure che sono il cuore della vita e che, di fronte a difficoltà o cambiamenti possono accompagnare alla ripresa delle redini della propria esistenza: educatori, allenatori e counselor. Questi ultimi, esercitando l’accompagnamento attraverso processi di ascolto senza giudizio ed empowerment sono una risorsa utile.
Quale è il ruolo del counseling all’interno della squadra?
Il counselor aiuta le persone a valorizzare le proprie risorse. Lavorando con le scuole entriamo in contatto con ragazzi/e su fattori che possono favorire il disturbo dell’alimentazione. Le faccio un esempio: nel caso di difficoltà ad accettare brutti voti, o di comportamenti aggressivi dei compagni il counselor è importante perché costituisce una figura intermedia, che secondo me, può intervenire per facilitare la relazione con l’adolescente.
Come e quando ha iniziato a collaborare con questa figura?
L’Associazione Nutrimente, nata nel 2013 di cui faccio parte, si occupa prevalentemente di lavorare nelle scuole per cercare di prevenire il disturbo alimentare. Nel 2016 abbiamo realizzato in ambito scolastico un progetto denominato “Alimentazione in un corpo che cambia”, per parlare di conoscenza e prevenzione dei disturbi alimentari, dove ha collaborato, per diversi anni, anche una counselor che, insieme alle nostre terapeute, andava nelle scuole (durante le co-gestioni) per aiutare i giovani a prendere consapevolezza di tutti quegli strumenti che consentono di prevenire la deflagrazione emotiva. I ragazzi e le ragazze delle scuole conoscono poco, ad esempio gli strumenti dell’intelligenza emotiva, quell’insieme di competenze che consentirebbero loro di riconoscere, gestire e comunicare correttamente le emozioni, per veicolarle in direzioni sostenibili e accettabili per sé e per gli altri.
Noi lavoriamo con loro, da una parte per renderli consapevoli di come l’identità corporea sia fortemente influenzata dai media che trasmettono messaggi ideali irraggiungibili e uguali per tutti, dall’altra per insegnare loro come rendere le relazioni funzionali ed evitare che disagi – gestibili e trasformabili con un adeguato lavoro di empowerment – possano, invece, trasformarsi in pericolosi segnali anticipatori di disturbi del comportamento alimentare.
Naturalmente è anche nostro compito creare dei canali perché i DCA già insorti vengano segnalati alle figure professionali preposte e presi correttamente in carico sul territorio.
Quali competenze sono necessarie al counselor che lavora in questo ambito?
In primis avere una conoscenza del disturbo alimentare. È importante sapere che si lavora esclusivamente in équipe e nessuno, con la propria professionalità, può esercitare in proprio, ma, anzi è tenuto a integrare le proprie competenze con quelle delle altre figure professionali preposte.
Per quanto riguarda le competenze utili che contraddistinguono il counselor segnalerei sicuramente: empatia, ascolto, congruenza e accettazione non giudicante.
Quale è il valore aggiunto del counseling in questo ambito?
In qualità di medico psichiatra, le dico, che la mia figura mette paura. Il counselor riesce a essere una figura di aggancio, un ponte sia nella fase iniziale che in quella finale, favorendo una comunicazione positiva con l’adolescente in modo da permettermi, poi, di lavorare per il suo benessere.
Naturalmente, poi, un counselor che abbia esperienza in questo ambito avrà anche gli strumenti per prendere in carico situazioni “critiche” e fare correttamente gli invii al terapeuta qualora capitino situazioni che necessitino di un suo intervento.
Sara Bertelli
Psichiatra, psicoterapeuta. Dal 1996 si occupa di Disturbi del comportamento alimentare con attività clinica, di ricerca e di formazione. Dal 2003 è responsabile dell’ambulatorio Disturbi del comportamento alimentare (Dca) dell’ospedale Asst Santi Paolo e Carlo di Milano. Collabora con la scuola di Psicoterapia studi cognitivi come docente dal 2000. Il suo approccio è la terapia cognitivo costruttivista, che ha come obiettivo non solo quello di ridurre la sintomatologia, ma soprattutto di aiutare la persona a comprendere i motivi e le cause del momento di disagio in relazione ai propri contesti di vita.